La giuria del Premio "Giuseppe Berto" per un'opera prima di narrativa, presieduta da Gaetano Tumiati e composta da Fernando Bandini, Elio Chinol, Michel David, Cesare De Michelis, Massimo Fini, Luigi Maria Lombardi Satriani, Michele Mari, Giorgio Pullini, Giancarlo Vigorelli, ha esaminato, in questo quinto anno di attività, le numerose proposte di narratori che le sono pervenute e ha constatato con piacere che la partecipazione nel corso degli anni è considerevolmente cresciuta per quantità e anche per qualità.
Le novità di quest'anno meritevoli di attenzione sono particolarmente numerose e la giuria ha a lungo discusso prima di concentrare la sua attenzione su cinque libri:
Fabrizio Battistelli, IL CONCLAVE (Einaudi)
Lorenzo Greco, TECNICHE DELL'ADULTERIO (Camunia)
Pia Pera, LA BELLEZZA DELL'ASINO (Marsilio)
Gianni Riotta, CAMBIO DI STAGIONE (Feltrinelli)
Maurizio Salabelle, UN ASSISTENTE INAFFIDABILE (Bollati-Boringhieri)
tutti per diverse ragioni degni di particolare considerazione e meritevoli di essere segnalati ai lettori. Dopo un approfondito confronto la giuria ha deciso di assegnare il Premio a Maurizio Salabelle con la seguente motivazione:
Dopo annose discussioni sul realismo, dopo tante teorie del surrealismo con iperboliche fughe verso l'iperrealismo, nella crisi attuale dei Grandi Valori, dei Sistemi Ideologici, degli Ordini Universali, spunta ora, nella livida luce del crepuscolo millenario, una tendenza letteraria del tutto intonata con la «debolezza» del pensiero presente e con il breve orizzonte dei «minimalismi» imperanti, è l'«iporealismo», del quale Maurizio Salabelle ci offre un vivido esempio con il suo romanzo d'esordio, UN ASSISTENTE INAFFIDABILE.
Secondo la tecnica iporealista illustrata da Salabelle, «anche le scene più banali» debbono contenere «dosi di inverosimile»: si tratta cioè di una sorta di «subrealismo» minimale dove tutto è scontato e prevedibile, sino al punto che paradossalmente le vicende, ridotte a piccoli, monotoni gesti quotidiani, si rivelano talmente improbabili da confondersi con le allucinazioni di un maniaco raccoglitore di insensati oggetti abbandonati, di miserevoli «relitti stradali» fortunosamente scampati alla ronda della «normale nettezza urbana».
La storia di questo «assistente inaffidabile», di questo «aiutante di poco aiuto è - dunque - il «romanzo di formazione» di un diciannovenne espulso dal liceo scientifico non si sa per quale colpevole comportamento e finito a coltivare i suoi astratti sogni di gloria letteraria in una squallida bottega di cappelli, che suo zio si ostina a tenere aperta tutti i giorni nella desolazione di un anonimo quartiere alla periferia di una qualsiasi città attraversata da un autobus, tram e persino da una metropolitana leggera «che prevalentemente scorreva sulla superficie della città, e si inabissava di qualche metro per un tratto di solo pochi chilometri».
La scena è scolorita, tanto da sembrare disegnata solo in bianco e nero, la realtà di questo nostro tempo resta lontana, quasi irraggiungibile, le strade sono deserte, i personaggi generalmente silenziosi e privati di qualsiasi spessore psicologico: tutto sembra irrimediabilmente immobile, destinato soltanto a consumarsi sotto la polvere del tempo. Eppure Salabelle non rinuncia a misurarsi con l'intreccio, che si colora persino ora di nero, ora di giallo, secondo le regole dei generi narrativi più consolidati: accadono ben due omicidi, si prepara un attentato, ci sono i giornali, la polizia, i commerci, gli intrighi, le fughe precipitose e tutto quanto potrebbe bastare a tessere una trama, ma questa non c'e, perché ogni gesto, ogni movimento non ha davvero relazione con gli altri, non cerca un senso e tanto meno lo trova.
Filip - così si chiama il ragazzo - insegue l'idea di un romanzo che ogni volta gli si sfarina fra le mani, immagina anche una nuova teoria letteraria, secondo la quale «qualsiasi opera artistica deve avere un unico argomento», un solo tema nitidamente proposto sin dal titolo. Anche UN ASSISTENTE INAFFIDABILE piuttosto che raccontare la storia di un personaggio affronta un tema, uno stato d'animo, una condizione esistenziale e la descrive come immobile, non modificabile dagli avvenimenti esterni, dagli incontri, dallo scorrere del tempo.
Filip, quando il libro incomincia, sta scrivendo un romanzo che è oggetto di continui rifacimenti e di molte insoddisfazioni, si intitola probabilmente LA BOTTEGA DI MERCI VARIE, evocando gli ossessivi racconti di Bruno Schulz delle BOTTEGHE COLOR CANNELLA, poi suggestionato dalla visione del film NICOTINA, nel quale rivive il tabagismo di Svevo, ne inventa un secondo intitolato CAFFEINA e infine in «otto giorni» ne inventa un terzo «dall'insolito titolo IL LUGUBRE, in cui raccontavo avvenimenti che non sarebbero assolutamente potuti accadere».
Di questi romanzi in realtà sappiamo assai poco, quel che importa è che Filip li scriva e poi li abbandoni, esattamente come fa con ogni lavoro, con gli impegni, gli affetti, gli interessi, arrendendosi inerte al trascorrere monotono del tempo.
In epigrafe al suo romanzo Salabelle - che è sardo d'origine ma toscano di esperienza - cita una frase di Federigo Tozzi: «Questo è all'incirca, il mio carattere; ossia è una debolezza della quale vorrei guarire; ma non mi riesce» sottolineando sulla «soglia» che il suo personaggio è «senza qualità» snervato e imbelle, e che il ritratto che sta per disegnare è costruito piuttosto per citazioni letterarie - a quelle sin qui segnalate si potrebbero aggiungere Walser e Perec - almeno che per affinità autobiografiche - Salabelle ha 33 anni - Filip 15 di meno - e pretende di diventare simbolo di una stagione anziché di un'identità. Tanto basta comunque a fare del suo UN ASSISTENTE INAFFIDABILE un romanzo d'eccezione, tanto paradossalmente assurdo quanto credibilmente emblematico.
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